Weeklink #04

Il nostro quarto appuntamento con la rubrica weeklink ci porta dai più recenti e meravigliosi esempi di street art sui muri di Berlino fino ad uno dei maestri del giornalismo d’inchiesta negli anni ’20. Con un gustoso intermezzo nella storia e nella cultura della cucina tradizionale thai.

 

hill02
Rise And Fall, Berlin, 2015. Photo by Sabine Winge Copyright 2015 Li-Hill

L’artista visuale Li Hill, canadese di nascita ma residente da anni a Brooklyn, è l’autore di alcuni dei più spettacolari affreschi realizzati su edifici pubblici. Con una particolare predilezione nel rappresentare immagini spettrali di angeli, schermitori e animali, Hill riesce a donare alle sue opere un senso assoluto di movimento e di energia. Le immagini paiono così essere sospese a mezz’aria, al punto tale da farle sembrare come proiezioni di figure dipinte.

Nelle sue opere Li Hill unisce il disegno e la pittura di immagini altamente complesse, conferendogli una natura spettacolarmente inquietante.

Rise And Fall, Berlin, 2015. Photo by Sabine Winge Copyright 2015 Li-Hill

L’artista di Brooklyn ha studiato Belle Arti presso l’Università di Toronto. I suoi lavori sono stati esposti in spazi espositivi famosi quali la National Gallery of Victoria, la Art Gallery of Ontario e il Museo dell’arte di Portsmouth nel New Hampshire. Altri suoi murales dal tema spettrale sono stati pubblicati nel nuovo libro Mural XXL e sono visibili anche sul suo profilo Instagram.


Una perla del Sud est asiatico con una cucina incredibilmente varia e saporita. La Thailandia vanta una delle cucine più eterogenee al mondo, con pietanze che cambiano non appena si passa da una provincia all’altra. E la capitale Bangkok, di gran lunga la città più cosmopolita della nazione con un melting pot incredibile di persone e cibi, non fa eccezione a questa diversità.

Pat tai, Bangkok. Credits: Austin Bush / Lonely Planet

Gli abitanti di Bangkok sono particolarmente avezzi ai sapori dolci, e molte ricette combinano ad esempio pesce fresco o maiale con l’utilizzo di latte di cocco e di zucchero di canna, ingredienti molto comuni da trovare nelle pianure delle zone centrali thailandesi.

Gooay teeo kooa gai -noodles di riso fritti con pollo e uova, tipici nella zona di Chinatown della capitale. Credits: Austin Bush / Lonely Planet

La cucina thai è stata influenzata nei secoli sia dagli immigrati provenienti dal sud della Cina sia dai musulmani che visitarono la penisola nel XIV secolo. I cinesi introdussero l’utilizzo del wok come pentole e dei noodles di riso sia a Bangkok che nel resto della Thailandia. Dal canto loro i musulmani importarono le spezie, ora largamente utilizzate nella cucina locale. L’altra significativa e storica influenza sulla cucina di Bangkok è rappresentata dagli esponenti culinari della corte reale, che per oltre trecento anni hanno ridefinito con raffinatezza la cucina thailandese per soddisfare i nobili palati del sovrano e dei suoi commensali.

Tom yam – Zuppa piccante caratteristica di Bangkok. Credits: Austin Bush

Il sito lonely planet ci guida in questo universo culinario attraverso dodici dei più rappresentativi piatti thailandesi, indicandone radici storiche e regioni di provenienza.

Il link all’articolo qui.


«Guardi, ho fatto solo il mio mestiere. Ho semplicemente applicato il mio metodo: vedere e poi scrivere. Non ho mai inventato nulla, solo la cruda realtà fatta parola. Al Tour, benché apprezzassi Bottecchia non mi interessava il suo primato in classifica, mi incuriosiva di più il suo naso che sembrava tagliare la strada come uno spartitraffico. Mi perdoni la battuta, ma trovavo più interesse a guardare in faccia i corridori, a leggere la fatica nello loro smorfie, negli occhi spenti, nei volti sfigurati dal fango e dalla polvere. Lo sa lei che la polvere del Morbihan non vale quella del Finistère e quella della Loira ha un sapore un po’ più speziato?».

Questa la dichiarazione Albert Londres, giornalista degli inizi del secolo scorso e uno dei primi reporter d’inchiesta che la storia annoveri, nella sua “intervista immaginaria” su Cycle Magazine.

Inviato dal suo giornale, il Petit Parisien, al seguito della carovana di ciclisti del Tour de France del 1924, Londres non si limitò a raccontare la mera cronaca degli eventi, come era consuetudine dei suoi colleghi dell’epoca, ma raccontò con dovizia di particolari quello che il lettore non poteva vedere e che rappresentava l’essenza dello sforzo di un’atleta: la fatica dipinta nel volto, nelle membra e negli sguardi dei ciclisti partecipanti a quella gara su strade sterrate. Uno dei primi esempi di storytelling che la storia possa ricordare.

Albert Londres. Credits: Cycle Magazine

L’intervista impossibile la potete leggere qui.

Mauro Farina

Founder - Creative Content Manager

Altoatesino di nascita, bolognese nel cuore e veronese d’adozione, vive in simbiosi con la sindrome del bambino di fronte alla vetrina del negozio di giocattoli. Vorrebbe comprare tutto, ma non potendoselo permettere sublima raccontando ciò che divora con gli occhi.