Alessandra Ruffolo, Fashion Director

Capita a volte di entrare in case che sono vero e proprio specchio della personalità di chi vi abita. Abitazioni in cui ogni singolo dettaglio non può non rimandare a pensare alla personalità di chi quell’appartamento lo vive ogni giorno. Il carattere e la personalità di Alessandra Ruffolo, Fashion Director del brand di abbigliamento Freddy, si percepisce al primo impatto, grazie all’ampio sorriso con cui ci accoglie sulla soglia di casa. Oggi è un giorno particolare: la padrona di casa ha organizzato per gli amici un mercatino dell’abbigliamento.

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Buona parte di quanto acquistato nel mondo durante le sue ricerche di stili e tendenze necessari a definire e realizzare nuove collezioni viene ora esposto alla mercé e ai desideri di acquisto di amici e conoscenti invitati a condividere la giornata. L’occasione è stata propizia per conoscere meglio Alessandra e farci raccontare il percorso di vita che l’ha portata a diventare stilista.

Grazie, Alessandra, per averci accolto e ospitato nella tua casa. Vorrei iniziare a raccontare di te e della tua professione partendo dalle origini del tuo percorso lavorativo. Ci puoi raccontare come il tutto ha avuto inizio?

Posso considerarmi una figlia d’arte perché provengo da una famiglia di artisti e artigiani. Mio padre è originario della Calabria, terra per cui nutro un amore viscerale. Partì da emigrato a 18 anni e dopo varie peripezie si fermò a Verona diventando uno dei migliori sarti veronesi con clienti in tutto il mondo.

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Da piccola passavo le giornate nella sua sartoria dove lavorava anche mia madre. Credo siano stati loro, inconsciamente, a trasmettermi la passione per la moda. Fin dall’età di due anni disegnavo modellini di vestiti non appena mettevo le mani su un foglio bianco: ancora oggi credo fosse un segno premonitore di quello che sarei diventata da grande.

“Nasco” lavorativamente parlando nel 2000 come grafica pubblicitaria, collaborando per diverse agenzie di comunicazione. Nonostante questa attività mi assorbisse quasi completamente ho sempre mantenuto la passione per la moda e non perdevo occasione di occuparmene durante i weekend, lavorando come commessa nel negozio veronese di Fiorucci. Sono cresciuta, quindi, con due consapevolezze: l’amore per la moda e il valore del lavoro che mi hanno insegnato i miei genitori

«Sono cresciuta con due consapevolezze: l’amore per la moda e il valore del lavoro che mi hanno insegnato i miei genitori». Alessandra Ruffolo

Nello stesso periodo il titolare di uno dei più importanti negozi di streetwear di Verona, Andrea Pensiero, mi propose l’assunzione come addetta alle vendite: proposta che rifiutai perché avevo ben altre ambizioni.

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Dopo due anni tornò alla carica con una proposta irrinunciabile, essendo diventato il socio fondatore di uno dei brand italiani più noti del settore: non potevo più dire di no. Iniziai così la mia nuova vita da fashion designer. Mi trovai catapultata in una realtà che avevo sempre solo sognato: ero la responsabile della linea di abbigliamento femminile del brand. Ricordo che inizialmente lavoravo con il mio collega responsabile della linea uomo, in un locale minuscolo!

Qualche mese dopo ci fu il primo viaggio esplorativo a Los Angeles, il primo di una lunga serie in giro per il mondo, alla ricerca di spunti, ispirazioni e nuove tendenze. Questo connubio di responsabilità, stimoli e spostamenti nei vari continenti erano quanto di meglio avessi mai potuto desiderare per la mia professione.

alessandra_ruffolo-8120Come avvenivano questi viaggi di ricerca?

Ho imparato tanto del trendhunting perché ho avuto il privilegio di essere affiancata da persone esperte del settore da tanti anni, come lo stesso Andrea. Erano in grado di entrare in un negozio e riconoscere il pezzo giusto da cui partire per immaginare e disegnare intere nuove collezioni. Battevamo a tappeto negozi e mercatini di Los Angeles, Santa Monica e altre località della California. Erano giorni di immersione completa da mattina a sera alla ricerca di nuove tendenze: dal negozio di nicchia allo store di grido nei centri commerciali. Il nostro team di trendhunter era costituito dal titolare e dagli stilisti responsabili della linea uomo e donna. Nei primi viaggi me ne stavo un po’ in disparte a osservare il lavoro dei più grandi: una fonte di inesauribile ispirazione per me. Mi sentivo come una spugna in grado di assorbire tutto ciò che era necessario apprendere del mestiere. Questo perché credo fermamente che, qualunque sia il ruolo ricoperto, l’umiltà nell’approcciarsi a un nuovo lavoro è fondamentale. Allo stesso modo lo è il credere fermamente nelle proprie capacità. Poco dopo arrivarono altri viaggi: Los Angeles, Las Vegas, San Francisco, Pasadena, Boston, New York, Tokyo.
Senza dimenticare tutte le maggiori capitali europee e soprattutto Londra, che rappresenta tuttora l’ombelico del vecchio continente per le ultime tendenze in fatto di moda, arte, idee ed energie. La capitale britannica è una sorta di meltin pot, una delle città più multiculturali al mondo. Essendo in continuo fermento e all’avanguardia, è in grado di anticipare alla grande le nuove tendenze.

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Qual è il tuo modus operandi nei tuoi viaggi alla ricerca di stimoli per disegnare una nuova collezione?

Vivo in uno stato continuo di overdose da stimoli, sempre totalmente concentrata su quello che osservo: dallo stile e dall’abbigliamento delle persone che incontro per strada al vestito esposto in un negozio. Non mi segno nulla, tengo tutto a mente grazie alla mia memoria visiva.

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Ogni singolo capo che vedo, acquisto e fotografo mi riporta alla mia idea di collezione. Mi basta carpire anche un solo dettaglio di mio gusto per permettermi di dare il là ad una prima idea di sviluppo di una nuova collezione. Al ritorno da un viaggio sono pronta a sviluppare i primi moodboard e a proporli per l’approvazione finale. Potrebbe sembrare un processo lento e difficoltoso ma in realtà è tutto talmente veloce da essere già al lavoro alla collezione successiva prima ancora dell’approvazione della precedente.

«Vivo in uno stato continuo di overdose da stimoli, sempre totalmente concentrata su quello che osservo». Alessandra Ruffolo

Naturalmente l’aspetto fondamentale sta nell’identificare i colori e i tessuti che saranno di tendenza.

Dopo questa prima esperienza, nel 2011 hai accettato la sfida di condurre il Centro Stile di Freddy.

Dopo nove anni ho avvertito l’esigenza di continuare a innovarmi e pormi nuove sfide. In questo caso la sfida consisteva nell’affrancarsi dalla mia confort zone della moda streetwear per approcciare una linea totalmente differente.
Ammetto che all’inizio non è stato facile, ma ho trovato delle persone che hanno creduto in me: parlo di Carlo Freddi e Marco Rigo Langè, Business Manager dell’azienda. Oggi il nostro centro stile conta circa 20 persone: io sono responsabile della linea “Active” di Freddy.
La cosa incredibile nel lavorare per questa azienda sta nel fatto che ogni giorno non è mai uguale a quello che lo ha preceduto. 

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È una sfida continua, e ogni giorno può nascere un progetto nuovo e completamente diverso da quello pensato in precedenza. Questo aspetto assume una valenza fondamentale per un creativo. Alla base di tutto poi non può prescindere una continua ricerca: un team di persone che, oltre ad essere dei grandi professionisti, è costituito da gente che vive di passione. In Freddy si presta particolare attenzione allo studio dei tessuti tecnici mixati ad uno stile sempre e comunque molto femminile.
Quando si disegna una collezione si deve preventivamente avere una conoscenza dettagliata dei materiali che verranno utilizzati. È un aspetto peculiare e distintivo del nostro brand, senza nessuna concessione al compromesso.

Come si pone la figura di una donna con un ruolo creativo così importante nel settore della moda?

Sono una sognatrice, ma sono anche consapevole che ogni cosa nella vita va guadagnata con fatica. Oltre ad una buona dose di fortuna nel trovarsi nel posto giusto al momento giusto, è necessario dotarsi di pazienza, costanza e umiltà senza farsi travolgere dalla fretta: i risultati arriveranno di conseguenza.

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Devo molto a tutte le persone che ho incontrato nel mio percorso lavorativo e alle batoste che ho preso. Perché una volta assorbite e metabolizzate si è in grado di lavorare ancora meglio ed essere stimati per questo.

«Sono una sognatrice, ma sono anche consapevole che ogni cosa nella vita va guadagnata con fatica». Alessandra Ruffolo

I cambiamenti e la crescita caratteriale di questi anni sono in gran parte dovute ai pugni ricevuti e alle sconfitte subite. Questo mi ha portato alla consapevolezza di dover abbandonare le strade sbagliate comprendendo gli errori commessi. Per una donna, poi, l’ambiente lavorativo può essere molto duro: imporsi e farsi rispettare può essere difficile, ma se si è in grado di focalizzare l’obiettivo niente potrà mai esserci precluso.
Per quanto mi riguarda. poi, è fondamentale ricevere la stima delle persone per cui lavoro: credo sia una cosa impagabile, se non fondamentale, per come sono fatta io.

Siamo ospiti nella tua casa nel centro di Verona: un appartamento che denota una spiccata personalità, esattamente come la proprietaria. Ci sono degli elementi di arredo che rappresentano pienamente il tuo carattere?

È stato amore a prima vista. Una volta acquistato questo appartamento ho voluto ricostruirlo a mia immagine e somiglianza. Tutto ciò che si trova qui dentro ha un preciso significato per me. È una casa che trasmette un’energia speciale, al punto tale da non voler quasi mai uscire da qui. Il mio sogno non troppo segreto è fare di questa casa , una “casa atelier”.

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«Tutto ciò che si trova in casa mia ha un preciso significato per me». Alessandra Ruffolo

Qualsiasi oggetto presente in questa casa rappresenta uno dei miei viaggi in giro per il mondo, quindi una parte di me: dei miei pensieri, dei miei sogni, del mio animo.

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Manca ancora un tassello fondamentale, però. Sto ancora aspettando l’arrivo  di un tavolo da lavoro: già mi immagino la sera a lavorare ai miei progetti futuri, quelli che saranno i nuovi pezzi della mia vita.

Articolo: Mauro Farina  Contributi fotografici: Barbara Rigon

Mauro Farina

Founder - Creative Content Manager

Altoatesino di nascita, bolognese nel cuore e veronese d’adozione, vive in simbiosi con la sindrome del bambino di fronte alla vetrina del negozio di giocattoli. Vorrebbe comprare tutto, ma non potendoselo permettere sublima raccontando ciò che divora con gli occhi.