Salvatore Russo, Marketing Manager, Milano, Italy

Salvatore Russo arriva all’appuntamento per l’intervista indossando una giacca color carta da zucchero, che ricordo di avere intravisto in altre occasioni. «È la giacca ufficiale che utilizzo in tutti i miei eventi, quando salgo sul palco: un portafortuna», mi dice. E, per l’appunto, Salvatore è reduce da un evento organizzato da ASUS in occasione delle attività del Fuori Salone nei giorni del Salone del Mobile di Milano, dove mi ha dato appuntamento.
Non sembra avere fretta di fare l’intervista. È un creativo della comunicazione, Salvatore Russo, ma non solo. È un soggetto poliedrico che sembra trarre energia dall’aria che respira e dalle persone con cui interagisce. Me ne dà conferma trascinandomi all’interno dello spazio espositivo dell’evento, trasformandosi in un perfetto Cicerone e mostrandomi i gadget tecnologici che gli piacerebbe ricevere per il suo compleanno.

Inquadrare Salvatore Russo in una definizione risulta tanto difficile quanto superfluo: è un creativo che modella la comunicazione sulla base di obiettivi. Si è occupato del social network più bistrattato e sottovalutato della storia, Google Plus, ricavandone uno dei manuali più letti in assoluto. Ma è anche l’organizzatore di eventi in ambito SEO (posizionamento sui motori di ricerca) che richiamano, ad ogni edizione, centinaia di persone, anche se non si occupa prevalentemente di SEO. Anzi, afferma di non c’entrare nulla con la SEO: ha solo tanti articoli nelle prime posizioni per ricerche di keyword molto competitive.
Oggi è il responsabile marketing di 6sicuro, portale di comparazioni assicurative, ma è solo una definizione da biglietto da visita.

«Inquadrare Salvatore Russo in una definizione risulta tanto difficile quanto superfluo: è un creativo che modella la comunicazione sulla base di obiettivi».

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Salvatore, come molti operatori del panorama digitale la tua formazione e le tue esperienze iniziali non lasciavano presagire un futuro di responsabile marketing.
Secondo il Corriere del Mezzogiorno avrei dovuto avere “un futuro da madonnaro”: sono stato il più giovane (avevo 9 anni) a vincere un concorso per la realizzazione di un disegno sull’asfalto della piazza della città. Sono un creativo che si è sporcato le mani di codice, ma che si è sempre comportato da uomo di marketing.

Come è avvenuto il passaggio dai gessetti sull’asfalto al marketing?
Ho iniziato nel 1997: mi occupavo di consulenza informatica e corsi di formazione. Sembra incredibile, ma c’è stato un tempo in cui i docenti non facevano selfie con gli alunni. Successivamente sono stato team leader di numerosi progetti di sviluppo software e ho collaborato con importanti brand italiani e internazionali.

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Ma c’è sempre stata una grande differenza tra me e un programmatore: quando a un programmatore si dice di fare qualcosa, lui sbuffa, ti dice che ci vorranno “TOT giornate uomo” e inserisce l’attività nel suo diagramma di Gantt. Io, invece, ho sempre visto il mio lavoro come parte di un sistema molto più complesso, ho sempre immaginato la programmazione come il braccio armato del marketing.
E c’è anche un’altra, enorme, differenza: io mi vesto bene.
In seguito iniziai a lavorare anche per Misco, dove ho accettato la sfida di realizzare da zero l’intera piattaforma di e-commerce. Avventura durata ben nove anni, ma nel 2011 decisi che era arrivato il momento di cambiare.

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«C’è sempre stata una grande differenza tra me e un programmatore: IO MI VESTO BENE».

Come ti sei mosso?
Velocemente. Ho aggiornato il curriculum che diversi anni prima avevo inserito su Monster. Nemmeno 24 ore dopo mi contattò la società 6sicuro per offrirmi il ruolo di responsabile marketing. La cosa curiosa è che avevo sempre utilizzato 6sicuro nei miei corsi come case study e trovarsi a fare un colloquio nei loro uffici mi incuriosiva parecchio.
Tra l’altro, sono sempre stato convinto che smettere di programmare per una settimana tolga qualunque diritto di definirsi programmatore. Per me, quindi, non si trattava di un semplice avanzamento di carriera, ma di un salto quantico.  C’era da rimettere in piedi l’intera struttura della comunicazione e ripartire da capo. Per fortuna l’azienda mi ha permesso di fare il responsabile marketing nel modo in cui l’ho sempre concepito io (e che non è il modo in cui lo concepisce il resto del mondo). Probabilmente altrove non avrei potuto farlo.

Hai avuto molta fortuna: lavorare come vuoi tu e non come vogliono gli altri.
Ne abbiamo comunque guadagnato tutti: la società mi ha concesso fin dall’inizio una certa libertà, e io ho preso quella libertà e l’ho utilizzata per portare ottimi risultati. L’AD di 6sicuro, Edoardo Loewenthal, a cui va tutta la mia stima, è convinto che se si lascia lavorare liberamente le risorse, queste cresceranno e con loro crescerà anche l’azienda.

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Quando gli ho parlato per la prima volta di realizzare il blog di 6sicuro, cinque anni fa, mi ha risposto «sei tu il responsabile marketing». Ora che è diventato un caso di successo sembra tutto molto semplice, ma realizzare un blog per un comparatore assicurativo non è stata una passeggiata di salute. C’è voluto tempo, costanza, una strategia digitale chiara e condivisa, ma soprattutto coraggio. Spesso manca il coraggio di fare qualcosa di nuovo, di mettersi in gioco, perché vuol dire prendersi la responsabilità del fallimento.

«Sono un creativo che si è sporcato le mani di codice, ma che si è sempre comportato da uomo di marketing».

Non ti limiti, però, alle sole attività in azienda, ma sei l’autore di alcuni dei format informativi più seguiti. Al SEO&LOVE di Verona, nel febbraio 2016, hanno partecipato seicento persone, e al prossimo BEACH&LOVE di Riccione si contano già numerosissime adesioni.
Devo fare una confessione e fare un passo indietro: ho aperto i miei account sui social network molto tardi rispetto alla media. Ero legato ad altri mondi: blog, chat, ICQ e tutto ciò che ruotava attorno a situazioni decisamente più nerd. I social network erano l’ultimo dei miei pensieri. La più grande soddisfazione, all’epoca, fu riuscire a farsi pubblicare sul giornale di Microsoft perché avevamo smantellato il loro framework per adattarlo all’ecommerce di cui mi stavo occupando. Quando finalmente approdai ai social, lo feci con il mio stile. In un periodo in cui stava per esplodere la moda dei film con gli eroi della Marvel, mi inventai il fenomeno dei “SocialEroi”. Le persone che già all’epoca potevano essere considerate degli influencer nella platea dei social network assumevano il ruolo di un supereroe (o comunque di un personaggio di fantasia. Io ero Edward Mani di Codice) e tutti insieme iniziammo a partecipare ad alcune “Mission”. Una di queste serviva a dimostrare quanto fosse influenzabile il ranking del Klout e un’altra quanto fossero fastidiosi alcuni trenini digitali come il Follow Friday (#FF, per gli amici FùFù) su Twitter.

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In questo panorama, i miei eventi sono nati fondamentalmente per tre motivi: per mettere alla prova e testare i concetti di marketing che avevo in testa, per incontrare le persone che ti seguono online (chi ti incontra, se riesce ad associare l’immagine che ha di te online con quella reale, non ti abbandona più) e per allacciare rapporti con i relatori, per vedere come operano dal vivo e per capire se e come potranno essere utili per altri progetti.

I tuoi eventi, però, oltre ad attrarre moltissime persone, non ti hanno risparmiato da alcune critiche. È invidia? Normale rivalità? C’è davvero posto per tutti in quest’ambito?
Ci sono due tipologie di detrattori: gli stupidi e quelli che con gli eventi formativi portano il pane in tavola.
I primi non contestualizzano l’evento, ma si alterano per il semplice fatto che qualcuno abbia realizzato un evento. Se domani dovessi dire “mi ritiro da internet”, probabilmente verrei criticato anche per questo. Idem se dicessi cosa ho mangiato al ristorante. Diciamo che si alterano se qualcuno fa qualcosa.
Chi, invece, fa della formazione il proprio mestiere, ritengo compia un errore strategico nel muovere critiche ai miei eventi. Perché si tratta di eventi informativi che hanno il solo fine di aprire la mente ai partecipanti. I miei eventi non sono né un punto di partenza né un punto di arrivo nel mondo della formazione digitale, ma una tappa. 

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Uno speech di dieci minuti non può essere esaustivo, ma può rappresentare una scintilla. Io fornisco scintille che l’utente potrà aver voglia di approfondire. Chi invece fa formazione di professione, dovrebbe andare oltre la scintilla che io ho contribuito a generare e, volendo, potrebbe utilizzarmi a tale scopo e collaborare con me.
Nella mia attività (prima in Misco e ora in 6sicuro), con i competitor ci sono sempre andato a pranzo. Non li ho mai visti come nemici, ma persone con cui gareggiare per vincere. Finita la gara, andiamo a prenderci una birra insieme.

Un approccio che sembra poco diffuso, però.
Se io fossi un “competitor” di Salvatore Russo (o mi ritenessi tale) e vedessi che le persone accorrono in massa a un suo evento, dovrei pormi delle domande. Cosa non ha funzionato nel mio evento? Ho sbagliato la comunicazione? La location? Entrambe? Invece di arrabbiarmi con Salvatore Russo mi dovrei chiedere “perché seicento persone sono andate al SEO&Love, che è il primo evento che Salvatore ha organizzato in ambito SEO?”. Io me lo domanderei.

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Credo molto nei miei eventi e sto già lavorando alle prossime date. Si alzerà notevolmente l’asticella e ne sono orgoglioso. Fino ad ora i miei eventi sono stati gratuiti, i prossimi probabilmente a pagamento. Stiamo comunque parlando di importi ben al di sotto del valore offerto, grazie alla presenza di sponsor che credono in me e nella mia comunicazione. Intendo usare le mie competenze e la mia esperienza per fare informazione e arricchire, con nuovi spunti, la conversazioni in merito al mondo del digital marketing.

Un giorno hai dichiarato «la comunicazione è una faccenda seria, ma questo non significa che non possa essere fatta col sorriso». È questa la chiave del successo della comunicazione online?
Sì. Il sorriso è il miglior marker che esista al mondo. Assieme al pianto. Ma il sorriso è condivisione, mentre il pianto, il dolore, è figlio unico. L’approccio ironico è lo strumento che mi ha dato maggior successo e continuerò ad usarlo.

Salvatore Russo | Marketing Manager

Tanta ironia e solarità sembrano quasi stridere in una città, Milano, che ti ha adottato ormai da molti anni.
Sono di Manfredonia, in Puglia, famosa per il castello di re Manfredi, l’ottimo cibo e i parcheggi abusivi. Della famiglia Russo sono quello che si è spinto più a nord. Una volta sono andato a sciare, e mia madre ha pianto perché temeva che sarei stato male.

«Se io fossi un “competitor” di Salvatore Russo (o mi ritenessi tale) e vedessi che le persone accorrono in massa ad un suo evento, dovrei pormi delle domande. Cosa non ha funzionato nel mio evento?».

So che sei particolarmente legato ad alcuni luoghi di Milano.
La zona di Cadorna è un luogo che ho nel cuore. Appena arrivato a Milano, la prima volta che ho preso la metropolitana, sono sceso a Cadorna: tutti sapevano dove andare, dove prendere i biglietti, come passare i tornelli. Io no. E sono stato preso dal panico per qualche minuto.

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Ma Cadorna è stata anche il teatro della prima volta che sono uscito con degli amici nella nuova città, il luogo in cui ho incontrato un nuovo datore di lavoro, ho visto costruire la scultura Ago, Filo e Nodo, oltre ad aver preso un pugno.

Un pugno?
Sì. Un mese prima che i lavori finissero, un pezzo di una gru si sganciò, crollando a terra con un rumore fortissimo. In quel periodo si erano verificati alcuni attentati all’estero e il clima tra le persone era piuttosto teso. Ero in metropolitana e una signora anziana, spaventatissima, mi spinse per poter uscire. Le dissi che non serviva spingere, che c’erano altre persone davanti e che a breve saremmo scesi tutti. Mi rispose dandomi un pugno e facendomi un occhio nero. Per evitare brutte figure raccontai ai miei alunni dell’epoca che avevo salvato una signora anziana…

Milano, per te, non è stata solo Cadorna…
Sono legatissimo anche ad altre zone: via Magenta e il Bar Magenta in particolare, dove mi avevano praticamente dato la residenza. Ma anche la zona di corso Sempione e il Castello Sforzesco.

Niente pugni presi al Castello Sforzesco?
No. Solo tanto love.

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Articolo: Sonia Milan  Shooting fotografico: Davide Galandini

sonia milan

Giornalista - SEO - Digital Strategist

Mastica scrittura e informatica da quando i modem andavano a 14K. Ha pensato di farne un lavoro.