Dino Candelà, Barber, Store, Bologna

Dino Candelà barbiere

«Tra i miei clienti abituali si possono trovare rockabillies, vagabondi, punk, ruffiani, squilibrati, artisti, rokers, ciclisti, amanti del vintage, jazzisti e, a detta loro, bastardi». Dino Candelà, barbiere trapiantato a Bologna ma con salde radici sicule, ne avrebbe di storie da raccontare. Una per ogni avventore che ha varcato la soglia del suo negozio.

Dino Candela-13Originario di Erice, borgo siciliano tra i più belli d’Italia posto sulle pendici dell’omonimo monte, dal 2002 ha importato a Bologna la passione per il suo mestiere imparato fin da adolescente. Nel corso dei suoi quattordici anni nella città felsinea Dino ha avuto il merito di coglierne tutte le sfumature, capendo prima di tutto le persone che la rendono viva. Questa particolare sensibilità lo ha portato, poco più di un anno fa, ad aprire il suo primo Barber Shop in centro; o meglio, secondo le sue testuali parole, «una mia bottega dove posso curare il mio cliente, ascoltare le sue esperienze e le sue storie, perché così faceva il mio vecchio maestro».

Dino, nelle interviste che abbiamo realizzato finora abbiamo incontrato tanti creativi che hanno fatto della loro passione un lavoro. Mai nessuno però ha iniziato in giovane età. Qual è il rapporto tra la tua infanzia siciliana e la tua scelta professionale?

Un rapporto favorito da una piccola fortuna e da due genitori molto premurosi. La mia fortuna è consistita nell’avere la bottega del barbiere del paese proprio sotto casa mia. In estate, alla chiusura delle scuole, i miei genitori mi mandarono a fare il garzone proprio in quel negozio.
Allora ero giovanissimo, poco più di un adolescente imberbe, ma ricordo bene ancora oggi gli odori che si spandevano nel salone e i visi delle tante persone che si sono succedute su quelle poltrone.

Dopo neanche due stagioni di lavoro avevo assunto già una buona dimestichezza nel fare le prime barbe, le saponate e i primi tagli di capelli. Contestualmente è cresciuta in me la consapevolezza di trasformare quel lavoretto estivo nel mestiere della mia vita. E con essa anche la voglia di continuare a imparare qualcosa di nuovo. Perché non si smette mai di apprendere: più si è in grado di affinare il proprio mestiere, maggiore sarà la fiducia che si potrà leggere negli occhi dei clienti che si affidano alle mie mani.

Inoltre, da buon siciliano sono fermamente legato alle tradizioni. Nell’isola il mestiere del barbiere è una vera e propria istituzione: basti pensare che la prima poltrona da salone è stata realizzata proprio in Sicilia e già nei primi anni del Novecento a Catania si producevano ed esportavano poltrone da barbiere in tutto il mondo.

 

«Perché non si smette mai di apprendere: più si è in grado di affinare il proprio mestiere, maggiore sarà la fiducia che si potrà leggere negli occhi dei clienti che si affidano alle mie mani».

C’è un personaggio caratteristico entrato in quella bottega ad Erice durante il tuo apprendistato siciliano che ti è rimasto particolarmente impresso?

Ricordo con immenso piacere l’attore Flavio Bucci. Era giunto ad Erice per uno spettacolo teatrale e prima del debutto venne proprio nel nostro salone per farsi fare la barba. Rimasi molto affascinato da questo personaggio; all’epoca avrò avuto circa 14 anni e mi colpì molto il fatto di trovarmi di fronte per la prima volta una persona famosa. Ma quello che mi affascinò maggiormente, osservandolo, fu una certa aura di mistero, tipica dello stile che contraddistingue alcuni artisti.

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Quali sono stati i motivi che ti hanno portato a Bologna?

Mi ritengo da sempre una persona curiosa e determinata a mettersi in gioco in tutto quello che faccio e soprattutto nella mia professione. Partii da Erice per trasferirmi a Milano per tentare di realizzare il sogno di affermarmi come barbiere, ma  venni fagocitato da una città troppo grande e dispersiva, almeno per me.

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Sono cresciuto in un piccolo borgo e non avevo, all’epoca, ancora sufficiente capacità di adattamento. Una volta tornato in Sicilia ero comunque determinato a ripartire e a cercare altrove la mia fortuna. Scelsi Bologna quasi per caso, durante una vacanza. Ne rimasi affascinato fin da subito e, approfittando di un mio amico già residente in città, decisi di tentare con una nuova esperienza, sempre ricordando a me stesso che se non mi fossi trovato bene sarei potuto tornare a casa mia a Erice.

 

Da quel giorno sono  passati ben quattordici anni e non mi sono più mosso da qui. Potrei suddividere il mio periodo  bolognese  in due fasi: la prima a San Lazzaro di Savena, comune alle porte di Bologna, dove nel 2003 ho aperto la mia prima attività. La seconda fase è iniziata un anno fa circa ed è nata dal mio desiderio di continuare a mettermi in gioco.

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Sarà forse perché in prossimità dei 40 anni si avverte ancora forte l’istinto di dare nuovi impulsi alla propria vita, fatto sta che ho voluto dare un mio contributo alla città che amo e a cui sono riconoscente aprendo questa bottega nel cuore del centro storico, e instillandovi all’interno tutta la passione della tradizione siciliana.

«Scelsi Bologna quasi per caso, durante una vacanza. Ne rimasi affascinato fin da subito e decisi di tentare con una nuova esperienza, sempre ricordando a me stesso che se non mi fossi trovato bene sarei potuto tornare a casa mia a Erice. Da quel giorno sono passati ben quattordici anni e non mi sono più mosso da qui».

Cosa ha contribuito maggiormente di questa città a formare il tuo stile in questi 10 anni?

Senza nulla togliere agli artigiani bolognesi del mio settore ho imparato il mestiere in Sicilia. Ho iniziato l’apprendistato fin da ragazzino e negli anni ho cercato, come faccio tuttora, di affinare il mio stile e migliorare la mia tecnica.  Non posso dire di essere stato influenzato o di aver appreso qualcosa da altri miei colleghi bolognesi. I miei unici maestri li ho avuti solo nella mia terra natìa.

 

 

Negli ultimi anni si è affermato il movimento hipster, sorto inizialmente nei primi anni del dopoguerra. L’atmosfera del tuo salone ci porta con gli occhi e la mente esattamente all’epoca delle origini di questa tendenza tornata di moda. Com’è nata l’idea di un Barber Shop in stile anni ‘40-50?

Sono sempre stato un amante del vintage. Quando ancora il mio mestiere non mi aveva assorbito completamente giravo per mercatini ad acquistare arredi del dopoguerra dedicandomi poi al loro restauro. Questa passione per il modernariato la si può trovare in ogni angolo del mio salone: tutto, anche il dettaglio apparentemente più insignificante, è frutto di una ricerca meticolosa e studiata: un esempio lampante lo si può notare osservando le sedie da cinema che ho destinato  ai clienti in attesa, e che ho provveduto personalmente a restaurare. La mia ambizione, quando ho iniziato a pensare a come arredare il mio salone,  era quella di proiettare il mio cliente in un’epoca passata, accompagnato dalle note di mostri sacri della musica come Johnny Cash, Elvis PresleyConway Twitty e altri. Penso proprio di esserci riuscito.

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Cosa hai valutato nella scelta della location?

La mia bottega si trova in una delle zone più centrali e se vogliamo ambite di Bologna, tra via D’Azeglio e via Farini, a poche centinaia di metri da Piazza Maggiore. Ma per quanto possa sembrare un’area della città prettamente commerciale, conserva ancora un’aura di autenticità non comune. Nella mia ricerca di un posto adatto all’idea di barber shop che avevo in mente, mi sono preso tutto il tempo necessario fino a trovare la location che mi soddisfacesse in pieno. Dopodiché, nell’allestimento non ho lasciato nulla al caso, e forse è proprio questo il motivo che ha decretato il successo della mia bottega. Ogni mia singola scelta fatta, dall’arredamento alla comunicazione, rappresenta un aspetto della mia personalità. Basti pensare che dei tre saloni che ho gestito questo è il più piccolo in termini di dimensioni, ma mi sta donando le soddisfazioni più grandi. Posso dire che si tratta di un grande amore, fortunatamente ricambiato.

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C’è un progetto a cui pensi da tempo e che presto metterai in cantiere?

Alla soglia dei quarant’anni mi sento di dire che è proprio questo il progetto della mia vita, e mi ritengo molto fortunato a lavorare ogni momento della giornata a quello che un tempo era il mio sogno nel cassetto.

Articolo e shooting fotografico:  Leonardo Kurtz 

Leonardo Kurtz

Contributor - Photographer

Nato naturalmente portato all’empatia, ha scelto la fotografia per raccontare i tessuti umani che si intrecciano nell'esistenza quotidiana. Sereno sotto anche pressione, si trova spesso in preda di pulsioni verso il viaggio e l'avventura, anche se non rinuncerebbe mai alla buona cucina tradizionale.