Birthh, cantante: la musica che arricchisce

Dentro lo sguardo di Alice Bisi, in arte Birthh, c’è tutto quello che ti aspetti da una giovane donna di vent’anni: entusiasmo, tenerezza, curiosità, inquietudine e timidezza, nella sua voce e nella sua musica invece c’è tutto lo spessore e la maturità di un’artista consapevole e laboriosa.

Alice è una talentuosa cantautrice toscana definita dalla rivista Rolling Stones “la nuova stella dell’indie italiano”, un pezzo da novanta che non è stato lanciato e pubblicizzato da alcun format televisivo ma che ha fatto tutto da sola, crescendo assieme alla sua più grande passione: la musica. Con il suo album di esordio “Born in the wood” ha ottenuto grossi consensi sia nel panorama nazionale che in quello internazionale, ha calcato prestigiosi palcoscenici come quelli dell’SXSW, Eurosonic e Canadian Music Week, e ha aperto concerti ad artisti del calibro di PJ Harvey.

Ho incontrato Alice Bisi una situazione molto particolare ed emozionante, durante un Sofar Sounds a Verona: una dimensione di secret live lontana dal frastuono dei festival e delle platee dissonanti di migliaia di persone in cui i partecipanti hanno la possibilità di vivere un’esperienza musicale intima e riservata, in un luogo che rimane ignoto fino a pochi giorni prima dell’esibizione.


«È un contesto fuori dal comune, dove l’atmosfera e la musica sono le vere protagoniste della serata. Non esistono pregiudizi di scaletta e di band e l’ascolto è attento e rispettoso». Alice Bisi Birthh si è esibita in chiave acustica in una location inconsueta per ascoltare un concerto ma suggestiva come poche: un’officina che customizza moto e che in passato abbiamo avuto il piacere di raccontare sulla nostra rivista.

Ciao Alice, sono molto felice di conoscerti, ho avuto il piacere di ascoltare il tuo album “Born in the woods” e onestamente sono rimasta di stucco quando ho scoperto la tua età! È un album raffinato e maturo che presuppone anche tanto ascolto e tanta cultura musicale alle spalle. Come hai costruito il tuo background?

«I miei genitori sono separati da quando avevo due anni, mio padre vive in Emilia a due ore di macchina da me. Mi ricordo di lunghi viaggi in cui mio padre, grande appassionato di musica nonché musicista, mi faceva ascoltare di tutto, da Tom Waits alla musica popolare irlandese, passando per Elio e le Storie Tese e Vinicio Capossela. Grazie a lui ho fatto scorpacciate di musica e sono cresciuta con la curiosità e l’abitudine di ascoltarne tanta, nuova e diversa allo stesso tempo. Grazie al web ho poi avuto accesso a tutto il mondo musicale e cominciando a scegliere in prima persona cosa ascoltare mi sono appassionata alla musica indipendente britannica stile Wombats».

La musica, quindi, ti ha sempre accompagnata, in qualche modo, sin da quando eri bambina. Che significato ha per te?

«Faccio fatica a ricordare un momento della mia vita in cui la musica non sia stata presente in qualche modo, di conseguenza non riesco a darle un vero e proprio ruolo o significato. Per me è alla pari del cibo: è vitale e necessaria per vivere e crescere. Penso di crescere da sempre con la musica, sia attraverso la scrittura che con l’ascolto, aspetti che considero entrambi fondamentali.

La scrittura ti da l’opportunità di riflettere mentre l’ascolto ti consente di entrare nel mondo di chi ha scritto un brano. È un po’ come entrare nella mente di chi ha concepito il pezzo: riesci ad assorbire l’essenza dell’autore e da un certo punto di vista hai anche l’impressione di conoscerlo. Ascoltare musica è un po’ come conoscere persone nuove, ti arricchisce, al di là del fatto che ti piaccia oppure no».

«Per me la musica è alla pari del cibo: è vitale e necessaria per vivere e crescere». Alice Bisi, BIRTHH

Il tuo progetto musicale “Birthh'” è ben strutturato e ti ha portata a ottenere importanti risultati dopo l’album d’esordio. C’è stato qualcuno in particolare che ti ha consigliata, supportata e indirizzata in questo percorso?

«Una volta finito il disco ho cominciato a mandare delle e-mail a varie etichette: sono arrivate diverse risposte e quindi ho avuto la fortuna di poter scegliere l’opzione che meglio potesse rappresentarmi optando per la WWNBBC. I ragazzi dell’etichetta con cui è uscito il disco sono stati e sono ancora oggi fondamentali nella gestione di tutto ciò che va al di là dell’ambito musicale, dal booking all’ufficio stampa. Il bello di questa etichetta è l’entusiasmo per questo lavoro al di là del ritorno economico, l’amore per la musica nel senso più romantico, che si sposa esattamente con quello che sono io, una sinergia perfetta».

«Quello che mi spaventa è il rischio di poter diventare ridondante ad un certo punto della mia carriera. Il successo è qualcosa che hai in relazione alle altre persone e alla risposta che gli ascoltatori danno e questo non mi crea paura». Alice Bisi, BIRTHH

Ti spaventa l’idea di un successo superiore alle tue aspettative?

«In realtà non è qualcosa a cui penso, quello che mi spaventa è il rischio di poter diventare ridondante ad un certo punto della mia carriera. Il successo è qualcosa che hai in relazione alle altre persone e alla risposta che gli ascoltatori danno e questo non mi crea paura. Piuttosto, l’ansia che provo è strettamente legata a me stessa, è personale, è il timore di non avere più nulla da dire».

Cosa senti di voler comunicare con la tua musica e le tue canzoni?

«Ritengo che la musica sia un vero e proprio linguaggio e io voglio dire quello che mi passa per la testa. Vorrei che in un certo senso i miei pensieri fossero universalizzati, cosa che solo la musica è in grado di fare.

La musica ha un ruolo molto importante nella vita delle persone perché è uno specchio: se ascoltata attentamente ci si può riconoscere. Per far sì che le canzoni vengano recepite in questo modo bisogna però rimanere sinceri e non dire quello che le persone vogliono sentirsi dire, ma parlare di ciò che si conosce davvero».

Come mai hai scelto di cantare in Inglese?

«Cantare in inglese non è stata una scelta vera e propria, ma qualcosa di spontaneo e naturale. Ho iniziato a comporre fin da bambina, lo preferivo a giocare con le bambole, però scrivevo canzoni in italiano. Da adolescente, poi, ho iniziato a scrivere in inglese perché la musica che ascoltavo in quel periodo era principalmente in inglese.

Adesso l’idea di poter raggiungere più persone possibili con la mia musica è qualcosa che mi gratifica molto, quindi la scelta dell’inglese è quasi obbligata. Purtroppo in Italia questo costituisce un grande limite e mi dispiace».

L’album si intitola “Born in the woods”, con un chiaro riferimento alla natura. Come e quanto ti influenza l’ambiente esterno nella tua fase compositiva?

«Mi influenza molto perché cerco di raccontare attraverso i miei occhi quello che mi succede. Non riesco mai a descrivere in modo oggettivo la realtà che mi circonda, tutto passa sempre attraverso la mia personale visione. Io abito in collina e accanto a casa mia c’è una montagna con tanti alberi: mi piace molto stare lì, amo la natura, credo che sia un bel compromesso fra caos e razionalità. Questa è una logica che ho fatto mia e che ha influenzato la mia personale percezione della realtà».

Come nasce il nome del tuo progetto “Birthh”?

«Si ritorna sempre alla natura perché sono sempre stata affascinata dal concetto di origine in sé. La nascita è una delle poche certezze che abbiamo perché tutto ha avuto origine da qualcuno o qualcos’altro. Tuttavia, allo stesso tempo, se vogliamo tornare indietro e trovare la genesi del “tutto”, anche se esistono numerose teorie, non esiste una risposta assoluta.

Il nome Birthh è una sorta di elogio a questa riflessione, la doppia h invece è semplicemente un modo per distinguersi, e in fin dei conti non mi dispiace.

Articolo: Maria Pia Catalani  Shooting fotografico: Simone Toson

Maria Pia Catalani

Contributor - Writer

Chimico dall'anima soul, si divide fra il mondo che ruota attorno alla tavola periodica di Mendeleev e quello delle sette note. Assume quotidianamente più volte al giorno razioni massicce di musica; tutta, quella bella, e di prima qualità, ovviamente.