Anna e Francesca Gobbi, Vignaiole: nel nome del nonno.

Anna e Francesca Gobbi sono le titolari della cantina AnnaFrancesca, con sede a Legnago. Una zona del veronese decisamente atipica per produrre vino, lontana dalle rinomate Valpolicella e Soave. Ma loro ce l’hanno fatta. E ci hanno raccontato la loro storia.

 

Innamorarsi di un’etichetta, chiedere lumi all’oste su un nome così strano eppure così particolare, aprire una bottiglia e trovarci dietro una storia piena di passione, di sfide ai luoghi comuni, di amore per la propria terra d’origine. 
Il tutto è successo in una sera di mezza estate: un calice di Merlot e un gestore signorile e competente che mi raccontava di come quel rosso così particolare venisse non dalle zone più rinomate del Veronese – le “solite note” Valpolicella o Soave – ma fosse il prodotto della pianura padana, quella bassa veronese non certo famosa per i propri vitigni. 
Dietro a questa etichetta e a questo Merlot ci sono Anna e Francesca Gobbi: due sorelle scopertesi produttrici e viticoltrici a quasi quarant’anni, divise nel passato da percorsi diversi e unite da un obiettivo, quello di coronare il sogno del loro nonno.

Per farmi raccontare la loro storia, sono andato a trovarle alle porte di Legnago (Verona) nel loro vigneto, 

Anna e Francesca, grazie per averci permesso di raccontarvi. Da quel che ho avuto modo di leggere di voi, rappresentate le due anime di una passione che si tramanda da tre generazioni. Come vi descrivereste in poche parole?                  

Anna: «Anna e Francesca sono due sorelle con caratteri, personalità e percorsi di vita profondamente differenti ma accomunate da una comune passione, quella per il vino».
Francesca: «Questa passione ci ha unite ulteriormente nel 2013. Né io né lei ci saremmo mai aspettate fino a qualche anno fa di fare le vignaiole. Anna è laureata in Economia e Commercio internazionale, io per anni ho girato l’Italia per restaurare edifici e manufatti che appartengono al patrimonio artistico del nostro Paese.

 

 

A farci confluire in un’impresa comune come questa è stato papà, medico con una passione smisurata per l’agricoltura e, soprattutto, la vite. Di fatto però, nella nostra famiglia siamo la prima generazione di produttrici di vino».

E come è nata questa idea certamente non convenzionale di produrre vini nel bel mezzo della pianura Padana?

Anna: «A nessuna di noi due era mai passata per la testa l’idea di radicare la propria vita e la propria attività a Legnago, la nostra cittadina d’origine. Ma il caso ha voluto che nel 2012 io sia tornata da un’esperienza lavorativa all’estero. Sia io che Francesca, per motivi diversi, volevamo cambiare occupazione. Quando nostro padre ci ha espresso il suo desiderio di vedere le terre del nostro nonno produttive e ricoperte di viti ci siamo guardate e abbiamo iniziato un percorso che aveva come obiettivo quello di trasformare questa opportunità in una vera e propria attività lavorativa.

Da parte mia ho applicato tutto quello che avevo imparato in precedenza, dal mio lavoro di commerciale estero ai corsi di dizione e al mio hobby di attrice di musical. Credo proprio che la mia forza stia nella mia capacità di raccontare una parte di me stessa quando descrivo il nostro vino. Francesca, invece, è la persona perfetta per la cura dei vigneti. È metodica, certosina ed è capace di gestire al meglio ogni situazione che si presenta nel campo. Riflettendoci meglio, tutto quello che stiamo realizzando non avrebbe potuto avere inizio senza le nostre “vite” precedenti».

Siete state in grado di coniugare nella vostra nuova attività i sogni di due persone: quello di vostro padre e quello di nonno Battista, colui che materialmente ha acquistato i terreni dove ci troviamo ora.

Anna: «I terreni di AnnaFrancesca sono quelli acquistati da nostro nonno oltre sessanta anni fa. Da qui si estraeva l’argilla e ancora oggi si possono scorgere la fornace e la ciminiera dove venivano prodotti i mattoni. Uno degli aspetti più belli di questa terra è la presenza di surgive di acqua pulita. Di fatto ci troviamo in un vero e proprio biotopo con un laghetto pieno di vita.

Un giorno nonno Battista decise di piantare alcune viti di Merlot, che ora hanno passato i 65 anni d’età. Il resto della proprietà era ricoperto di frutteto o destinato a semine annuali».

Francesca: «Nostro padre prese poi le redini dell’azienda agricola quando il nonno iniziò a essere troppo anziano per lavorare in campagna. Al Merlot affiancò i vitigni di Pinot Grigio, le cui uve vengono tutt’oggi conferite in cantina sociale. Sei anni fa decidemmo di trasformare ciò che per il nonno e il papà era stata una passione e un hobby importante, in una vera e propria attività professionale».

Anna: «Alla visione del nonno e del papà abbiamo aggiunto il passo fondamentale, quello di vinificare. Non era inizialmente nei nostri piani quello di produrre vino, il nostro primo obiettivo era quello di dedicarci soltanto alla cura della vigna. Però tre anni fa, passeggiando una sera attraverso il vigneto “saggio”, – quello di Merlot piantato da nostro nonno – di fronte a quei grappoli meravigliosi mi sono commossa fino alle lacrime. Ho percepito la passione e l’impegno che i nostri nonni ci avevano messo e ho pensato che quel Merlot, che grazie alla sua età produce delle uve di altissima qualità, doveva essere valorizzato al massimo. Lo stesso giorno chiamai papà e Francesca dicendo loro “dai che facciamo il nostro vino!”».

Mio padre si commosse, era evidente che non vedeva l’ora di sentirsi dire una cosa del genere.

 

«Non era inizialmente nei nostri piani quello di produrre vino, il nostro primo obiettivo era quello di dedicarci soltanto alla cura della vigna». Anna Gobbi

Come avete costruito la vostra linea di vini?

Anna: «La prima domanda che ci siamo poste è stata quella di che tipologia di vino realizzare, perché non ci troviamo in un territorio conosciuto nell’ambito della produzione vitivinicola. Siamo quindi partite dall’idea di produrre un passito di Merlot per uscire dall’usuale e poter dimostrare la qualità delle nostre uve. Poi la nostra esperienza da sommelier ci ha suggerito anche di proporre una bollicina, di conseguenza abbiamo intrapreso l’avventura di spumantizzare il Merlot. Il nostro enologo ci mise in guardia: solo pochissimi al mondo  realizzano uno spumante Merlot, a causa di alcune caratteristiche del vitigno che rendono difficile questo tipo di lavorazione. Ma quella vocina che continuava a dirci di insistere ha contagiato anche lui».

 

Francesca: «Dovevamo stare molto attente a stabilire il momento giusto per la vendemmia, dando la massima importanza al perfetto equilibrio tra acidità e maturità. Questo vuol dire essere presenti tutti i giorni in vigna a fare le analisi del grappolo per arrivare a capire il momento giusto per la raccolta. Quel giorno ha preso vita “Charme”, il nostro spumante rosato di Merlot.

Cosa vuol dire essere dei “vignaioli di pianura” appartenenti a una zona, quella di Legnago, un po’ lontana dalla tradizione veronese del vino rappresentata dalla Valpolicella, dalla zona del Soave e da altre? E inoltre, cosa si prova a confrontarsi in un mondo ancestrale dove cantine con storia e storicità importanti svolgono ancora oggi un ruolo predominante?

Francesca: «Noi la consideriamo a tutti gli effetti un’opportunità, oltre che una sfida. In ogni occasione in cui parlo con le persone e spiego che veniamo dalla pianura, l’espressione di chi ho davanti cambia e l’interesse per la nostra storia cresce.

 

Facciamo della coerenza la nostra forza: produciamo vini particolari ai quali aggiungiamo il nostro tocco personale. Continueremo anche in futuro a realizzare vini atipici, con un’impronta tutta nostra. La nostra etichetta si chiama “AnnaFrancesca” perché siamo noi a metterci la faccia e con queste facce ci proponiamo al pubblico».

«Facciamo della coerenza la nostra forza: produciamo vini particolari e ai quali aggiungiamo il nostro tocco personale». Francesca Gobbi

Anna: «Siamo atipiche anche perché siamo libere dalle convenzioni del mondo del vino, a partire dal design delle nostre etichette. A ogni manifestazione a cui partecipiamo emerge con forza la voglia della gente di trovare e provare qualcosa di nuovo. E il primo aspetto che attrae è rappresentato proprio dalle etichette delle nostre bottiglie. Oggi una cantina deve osare nel progettare e realizzare la sua veste grafica, che di fatto è il suo biglietto da visita, in quanto il mercato in realtà sta chiedendo proprio questo.

 

«Ho percepito la passione e l’impegno che i nostri nonni ci avevano messo e ho pensato che quel Merlot, che grazie alla sua età produce delle uve di altissima qualità, doveva essere valorizzato al massimo». Anna Gobbi

Noi seguiamo semplicemente quello che è la nostra natura, i nostri gusti, le nostre preferenze. La serie di etichette con cui raffiguriamo i nostri vini rappresenta esattamente noi due e la nostra unione contraddistinta da caratteri e personalità differenti. C’è una sorta di nuova freschezza in un mondo all’apparenza statico. Il designer che ha realizzato le etichette, quando ci ha conosciute insieme, è riuscito a rappresentare la novità, la nostra essenza e le nostre diversità in ogni illustrazione che ha realizzato».

Se vostro nonno potesse sentirvi, che cosa gli direste?

Anna: «Lui c’è, lo percepisco quando passo per la vigna o quando assaggio il Merlot, lo vedo nella sua vecchia cantina polverosa, nella stanza dei salami o mentre produce il suo vino. Me lo immagino seduto lì che ci guarda col suo sorriso dolce da lontano mentre dà da mangiare alle anatre».

 

Francesca: «Gli farei solo una domanda. Gli chiederei se è orgoglioso di noi».


Articolo: Mauro Farina  Shooting fotografico: Simone Toson 

Mauro Farina

Founder - Creative Content Manager

Altoatesino di nascita, bolognese nel cuore e veronese d’adozione, vive in simbiosi con la sindrome del bambino di fronte alla vetrina del negozio di giocattoli. Vorrebbe comprare tutto, ma non potendoselo permettere sublima raccontando ciò che divora con gli occhi.